Non bevo tè se non sono malata, non sono mai stata in Turchia e di Pamuk ho letto solo “La casa del silenzio”, che ha cambiato per sempre il mio sguardo sulle storie e sugli intrecci della vita.
Così una domenica d’estate entro in questo librone da sfogliare, per differenza, con l’eco in bocca del té alla menta di Marrakech, refrigerio della sera quando cala il sole nella piazza nel rosso totale.
Per trenta anni lo scrittore ha bevuto lo stesso tè, nello stesso bicchiere, c’era il monopolio di stato e ancora non viaggiava, l’ha messo nei suoi romanzi e poi in una teca, anzi in più teche, in un museo.
Nel libro-catalogo di Einaudi ha un posto privilegiato insieme al raki, che ho bevuto in Grecia, anice come l’ouzo, così forte che vuole ghiaccio e cibo di accompagnamento.
Il raki é nel bicchiere del padre che brinda con i commilitoni, la foto che Pamuk sceglie per la teca 47: la morte di mio padre. Il repertorio si conclude con la 74: zio Tarik “un buon armadio delle meraviglie deve contenere al suo interno due coccodrilli, o almeno un paio di lucertole”.
E quante sorprese per il palato? Oltre al tè e al raki ne ho annotate cinque più quattro.
Andiamo per ordine:
8: la prima gassosa turca alla frutta (nostalgia di un tempo senza cola)
27: Il cesto da picnic di “Non sporgerti, altrimenti cadi!”
40: i pesci fritti de “Il conforto della vita nello yahi”
46: il liquore scuro de “È normale che uno pianti la fidanzata”
51: il cono gelato di “La felicità è stare accanto alla persona che si ama”
Ecco quindi la seconda lista:
5: al ristorante Fuaye
55: torni anche domani; venga a sedersi
60: le notti sul Bosforo al ristorante Huzur
71: non viene più a trovarci, signor Kemal
Buon viaggio, allora e buon lunedì : )